A cura di Giancarlo Sturloni
Parlare di medicina e salute è tutt’altro che semplice, soprattutto quando si devono dare informazioni rispetto ai rischi per la salute. Sapere cosa dire, quali parole utilizzare e come “costruire” fiducia è una vera e propria disciplina: la comunicazione del rischio.
Scopri di cosa tratta e perché è importante!
Comunicare il rischio per salvare vite
L’esigenza di condividere informazioni sui pericoli che ci circondano accompagna da sempre la storia umana: anche nel nostro lontano passato sapere come evitare il morso di un serpente o trovare riparo da un’alluvione era infatti essenziale per sopravvivere in un ambiente ostile. La comunicazione del rischio è senz’altro antica quanto il linguaggio umano e ciò spiega perché ancora oggi siamo affascinati dai racconti dei sopravvissuti a una catastrofe: nelle loro testimonianze si trovano informazioni preziose per scampare a un pericolo se un giorno avessimo la sventura di trovarci nella stessa situazione.
Oggi però viviamo in una società molto più complessa rispetto alle società del passato e spesso i rischi per la salute coinvolgono intere popolazioni. Alcune minacce della modernità, come i cambiamenti climatici o le pandemie, hanno addirittura un carattere globale e possono essere affrontate soltanto nell’ambito di una cooperazione internazionale. Questo richiede strumenti e strategie di comunicazione in grado di raggiungere un numero molto più elevato di persone rispetto al passato.
La comunicazione del rischio è così diventata uno strumento cruciale per gestire sia i rischi di origine naturale, come terremoti, alluvioni o epidemie, sia i rischi di origine antropica, come l’inquinamento, il riscaldamento globale o il tabagismo. L’obiettivo della comunicazione del rischio è favorire lo scambio di informazioni sui pericoli ai cui siamo esposti per salvare vite umane e proteggere l’ambiente. L’informazione consente infatti alle persone di sapere quali rischi devono affrontare e quali misure devono adottare per proteggersi.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) considera la comunicazione del rischio uno dei mezzi più efficaci per proteggere la salute delle persone durante un’epidemia, soprattutto nelle prime fasi in cui non sono ancora disponibili farmaci e vaccini e, come è accaduto con la COVID-19, l’unico modo per limitare il numero delle vittime è informare le persone su come comportarsi per evitare il contagio.
Dalla prevenzione alle emergenze: il ruolo di istituzioni, mass media e cittadini
Per salvaguardare la popolazione dalle calamità, l’Italia, come molte altre nazioni, si affida a un sistema di protezione civile. È formato dagli organi di governo (comuni, province, regioni e ministeri competenti), dal Dipartimento della Protezione Civile, dal Servizio Sanitario Nazionale (SSN) e da enti scientifici come l’Istituto Superiore di Sanità (ISS), nonché da diverse strutture operative sul territorio come la Croce Rossa, i Vigili del Fuoco e le Forze Armate.
La protezione civile mette in opera gli interventi necessari per prevenire i rischi o, in caso di emergenza, per portare soccorso alle vittime. È molto importante dotarsi di un piano di emergenza che, in base ai diversi scenari che potrebbero verificarsi (alluvione, terremoto, epidemia, ecc.), stabilisce le azioni da intraprendere per garantire la sicurezza le persone.
La gestione del rischio, però, non si limitata alla fase di emergenza: al contrario, per essere davvero efficace, le attività di protezione civile devono essere pianificate “in tempo di pace”, cioè prima che l’emergenza si verifichi, così da non farsi trovare impreparati. Per questo è importante studiare i rischi a cui siamo esposti, rafforzare le difese contro le calamità, addestrare i soccorritori, preparare i piani di emergenza e informare la popolazione.
Coinvolgere la popolazione è vitale perché una gestione efficace del rischio richiede la cooperazione dei cittadini, chiamati anzitutto a comportarsi in modo responsabile per proteggersi dai pericoli. È quel che abbiamo imparato durante la pandemia di COVID-19: l’adozione di semplici misure di protezione individuale come indossare le mascherine o rispettare il distanziamento possono fare la differenza nel limitare il contagio. Compito delle istituzioni è quindi informare la cittadinanza sui corretti comportamenti da adottare mediante un’efficace attività di comunicazione del rischio.
Infine, hanno un ruolo molto importante anche i mass media, che possono facilitare la condivisione delle informazioni sui rischi, tenendo aggiornati i cittadini sull’evoluzione della situazione finché l’emergenza non può dirsi conclusa.
La percezione del rischio
Gli esperti stimano l’entità dei rischi in base alla probabilità di subire un danno, calcolato in termini di vittime o di perdite economiche. Per esempio, la pandemia di COVID-19 è considerata un rischio importante perché le probabilità di infettarsi e di ammalarsi sono purtroppo elevate, così come il numero di vittime e dei danni economici.
Questo approccio statistico è molto potente perché consente di “misurare” i rischi e mettere a confronto la gravità delle diverse minacce a cui siamo esposti. Occorre però tenere presente che non è sempre facile calcolare i rischi in modo accurato, soprattutto nel caso dei rischi emergenti, cioè dei rischi che si manifestano per la prima volta e che perciò sono caratterizzati da un elevato grado di incertezza. È quel che è accaduto all’inizio della pandemia di COVID-19, quando ancora non si avevano informazioni sufficienti sul nuovo coronavirus SARS-CoV-2.
Un secondo problema è che non siamo abituati a valutare i rischi in termini statistici. Del resto, l’approccio statistico è stato sviluppato soltanto nell’ultimo secolo, mentre per gran parte della storia umana abbiamo potuto contare solo sul nostro sistema innato di percezione del rischio, che è influenzato da fattori diversi da quelli impiegati dagli esperti, come la famigliarità con la minaccia, che spesso porta a sottovalutare il pericolo, oppure l’esposizione a un rischio contro la propria volontà, che al contrario rende qualsiasi pericolo inaccettabile, e così via.
La famigliarità spiega ad esempio perché non facciamo più caso a rischi importanti come l’inquinamento o gli incidenti automobilistici. Il fatto che la pandemia fosse una minaccia nuova e incombente, spiega invece perché abbiamo reagito con prontezza, al contrario di quanto accade con il riscaldamento globale, che non è percepito come un’emergenza.
In passato per sopravvivere è stato sufficiente saper reagire a minacce visibili e immediate, come l’attacco di una tigre o un incendio nella foresta. Di fronte ai rischi globali della modernità abbiamo invece bisogno anche delle più sofisticate valutazioni degli esperti, nonché della lungimiranza necessaria per agire in modo preventivo.
Le regole per un’efficace comunicazione del rischio
Negli ultimi anni, dall’AIDS all’Ebola, dalla SARS al COVID-19, un susseguirsi di malattie infettive emergenti ha messo alla prova la comunicazione del rischio e ha consentito di stabilire alcune buone pratiche per informare correttamente i cittadini. Sebbene non esistano ricette universali a prova d’errore, facendo tesoro delle esperienze maturare in passato oggi si può contare su una serie di principi guida per comunicare il rischio in modo efficace. Ecco alcuni dei più importanti:
1) Mai negare, nascondere o sminuire i rischi
Mentire sul rischio o sminuirne la gravità nel tentativo di rassicurare la popolazione a ogni costo può essere molto pericoloso perché spinge le persone a non fare abbastanza per proteggersi. Per non perdere la fiducia dei cittadini, bisogna sempre essere onesti e trasparenti nel comunicare il rischio.
2) Condividere informazioni chiare e tempestive
Ritardare l’allarme e rinviare gli interventi può aggravare le conseguenze, perciò occorre informare in modo tempestivo le persone affinché siano consapevoli del pericolo e possano reagire con prontezza.
3) Ammettere le incertezze e non rinviare gli interventi
Occorre condividere le informazioni disponibili anche quando le conoscenze sono ancora incerte o incomplete, chiarendo quel che si sa e quel che ancora non si sa. L’incertezza non deve essere una scusa per rinviare le misure in grado di salvare vite: nel dubbio è meglio sbilanciarsi dalla parte della sicurezza, piuttosto che doversi pentire di non aver fatto abbastanza.
4) Tenere conto delle percezioni del rischio
È importante comprendere le motivazioni che inducono le persone a preoccuparsi o a ignorare i pericoli a cui sono esposte, per motivarle a evitare comportamenti a rischio e per offrire loro le informazioni di cui hanno più bisogno.
5) Favorire il coinvolgimento dei cittadini
Affinché la gestione del rischio possa avere successo, è necessaria la cooperazione attiva e consapevole di tutti.
6) Pianificare la comunicazione del rischio
Per non farsi trovare impreparati di fronte a un’emergenza, occorre rafforzare la prevenzione e la pianificazione “in tempo di pace”.
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